lunedì 29 novembre 2010

Cartigli

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Ah questo inferno delle figure da cui siamo circondati, infestati – bolge di volti, voci, nomi: la massa informe dei dannati dell’informazione con i diavoli torturatori della Notizia, della Intervista, del Servizio: l’eternità, qui e adesso, di una punizione che specchia e duplica quella, radicale, della vita – o della presunta realtà... Nei cervelli imbottiti, infilzati allo spiedo, pillottati sulla griglia e rosolati al fuoco lento dei giorni e dei giornali, echeggiano nomi, baluginano facce – prima d’essere ingoiati e divorati dall’Insensatezza...

domenica 24 ottobre 2010

Cartigli

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Invasioni. Con quanta leggerezza, con quanta disarmata imprudenza ci disponiamo alla visione di un film, alla lettura di un libro o di un giornale, all’ascolto dei discorsi di uno sconosciuto... Voci, volti, nomi, parole che s’impiantano nel nostro cervello rubando spazi di memoria e contendendo e mischiandosi con i nostri pensieri, i nostri ricordi più intimi e cari, le fragili trame dei sogni notturni, e spesso pretendendo a vita la nostra attenzione. è come offrirsi passivamente a un’aggressione, all’invasione della propria casa – a quel genere di violenze che ci fanno rabbrividire al solo immaginarle, mentre, quasi ogni giorno, andiamo incontro a quelle altre come ai nostri piaceri, senza considerare che potremmo averne rovinata una giornata o una nottata e perfino esserne segnati per sempre.

sabato 10 luglio 2010

Cartigli

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L’errore si ripete continuamente nell’azione, perciò bisogna ripetere instancabilmente la verità con le parole.
Goethe

Producete e consumate: vangelo secondo Giuda.
Persio


Il gioco dell’incanto. C’è del calcolo negli incanti degli italiani – calcolo e amnesia, in paradossale convivenza, e convenienza. Che si lascino facilmente incantare è risaputo; che arrivino, tardivamente e brutalmente, a liberarsi di chi li ha incantati è storico.
Ma quello che li spinge a sollevarsi, contro il despota da balcone o l’egolatra da sondaggio, non è il bisogno di riscattarsi dall’asservimento, che essi stessi hanno favorito e mantenuto finché ne vedevano il vantaggio, bensì la pura pena delle scorticature, delle ferite, quando, finiti gli incanti e i vantaggi, non riconoscono che i danni e le perdite.
Puniranno colui che li ha danneggiati, pronti a ricomnciare il gioco col prossimo incantatore.


Predatori e prede. Sono sempre di più quelli che si sentono in qualche modo autorizzati a delinquere. La condizione stessa di viventi in un certo senso li autorizza: è un tal delitto la vita! Nella sua natura nuda e cruda non si fonda forse sulla predazione e sull’assassinio, sul parassitismo e sulla rosura? E la ferocia del Mercato oggi si incarica di strapparle ogni nobile velo, per rivestirla col luccichio e lo strascico delle Merci. Così non c’è che l’adescamento, un adescamento generale, rivolto a tutti, ed è sempre più difficile, moralmente, confortare e contenere i molti con i «premi» di quaggiù o di lassù; è sempre più arduo, socialmente, tenere a bada i predatori, che non sono più i pochi, i reprobi, ma si vanno da ogni parte moltiplicando, ruoli e arruolati, e potranno arrivare – algebra più che profezia – a pareggiare, o superare, il numero delle prede...

mercoledì 23 giugno 2010

Cartigli

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Lasciamo ai creduli e ai bugiardi solfeggiare sullo sviluppo sostenibile; noi preferiamo i duri accordi di quanti hanno sostenuto fin qui lo sviluppo insostenibile: che continuino, ci sarà risparmiata prima la pena di sostenerlo.

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La figura morale dominante, ovvero l’Ognuno, l’Everyman, oggi è il Complice – il Connivente, il Consenziente... – : complicità, connivenza è la temperie in cui tutti sono immersi; quale che sia la ragione che ciascuno può accampare: il lavoro, la famiglia, la carriera, l’infame sopravvivenza...



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sabato 12 giugno 2010

Risalti

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Le abbiamo pensate tutte, per non arrenderci all’orrore della morte. Cosmogonie e metamorfosi, apoteosi, Ade, Walhalla, anime vaganti e migranti – fino a un dio-giudice purché resuscitatore, disposti a sopportare le pene dell’inferno, per figurarci in un’eternità di cori angelici o Urì. E intanto, qui sulla terra almeno, tombe, statue, ritratti, canti – monumenti più perenni del bronzo...
E adesso? Dopo i fulgori e i deliri dell’immaginazione siamo agli entusiasmi grigi della ragione: all’eternità media di ottanta anni, ai pezzi di ricambio, agli elisir farmaceutici – il paradiso in terra, alla fine! Con l’immancabile serpente tentatore, quello del DNA, che una scienza dispotica come un dio biblico fa sibilare al nostro orecchio con le sue nuove logore lusinghe... preparandoci, lei sì finalmente, la redenzione dalla vita e dal tempo.

da Morsi di morte e altre tanatologie, Il Labirinto, 2010

giovedì 27 maggio 2010

Risalti

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Il vero eroe del nostro tempo – l’unico, ultimo e possibile mito individuale, in cui natura e cultura coincidono – è il Killer, il Serial Killer. È questo l’infimo prometeo che ci spetta – colui che porta come fuoco la verità nel gregge umano, non rapendola al cielo bensì all’inferno, alle viscere fonde infere che racchiudono verità brucianti...
In questa planetarietà d’io a miliardi e dio unico l’Utile, con la risibile terribilità di un’economia d’extrasistole – ripresa-crisi-ripresa-crisi, ecc. – espressa nei viavai isterici, da pronto soccorso, della Borsa (le grida!), la fanfaluca nefanda del Progresso, la cui metafora perfetta è la frenesia immobile e pestifera del traffico... il Serial Killer è l’unico che interpreta e trae giuste conclusioni dalla trivialità delle statistiche: i morti tra le lamiere, tra le mura degli ospedali, nei deserti della fame, sotto le bombe intelligenti delle tribù progredite della terra... queste legioni di zeri, di azzerati, lo autorizzano e lo legittimano.
La vita dei bipedi parlanti che pestano il suolo non è sacra – chi lo sostiene mente come un pubblicitario –: la loro vita vale quanto quella delle formiche che i medesimi schiacciano con sovrana indifferenza su prati e marciapiedi, e il Serial Killer lo rivela, o semplicemente lo afferma, compiendo il solo gesto umano e vero di una specie ridotta a cieca congerie. Egli è l’equivalente della montagna assassina, del fiume traditore – secondo le ridicole stereotipie di cervelli puerili –: come quelle sono le forze di una natura violata che dirompe, così il Serial Killer è la forza di una cultura dissestata che esplode.

da Morsi di morte e altre tanatologie, Il Labirinto, 2010

venerdì 21 maggio 2010

Risalti

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C’è una indifferenza specifica di tutti i prodotti artistici umani – e in generale di tutti i prodotti umani e delle umane azioni: coltivare, edificare, uccidere, navigare... Questa indifferenza, o parità, deriva dalla loro cosmica, e comica, insignificanza. Un Lied di Schubert o una canzone di Paolo Conte, il Cantico delle creature o La vispa Teresa, i Capricci di Goya o i fumetti di Corto Maltese, Dostoevskij e Camilleri, Mozart e Berio, Gesualdo e Cage, Leopardi e Balestrini, hanno nell’universo mondo, stellare e planetario, un medesimo rilievo, ovvero sono tutti parimenti irrilevanti. Questa è una indubitabile verità ontologica.
Ma riportando il tutto in una prospettiva terrestre, ai nostri sensi di inquieti effimeri esigenti, quella parità, seppure può essere una piccola verità semiologica, è senz’altro un’enorme menzogna estetica.
In arte esistono livelli di valore e livelli di piacere che possono essere fittiziamente abbassati o elevati, con inganno e per politica violenza, come viene fatto con l’atrazina nell’acqua o le polveri sottili nell’aria... Questo vuol dire che, eliminate subdolamente, cioè fingendo di pregiarle e sostenerle, le arti classiche – musica, pittura, poesia – e dando spazio a oggetti spuri, a suoni e versi derivativi, si è spostato al basso il grado del piacere estetico e si è con fraudolenza innalzato il valore dei succedanei. Con l’effetto di alterare l’intero terreno culturale e l’apparato percettivo collettivo e individuale – come accade quando una nazione vede asservite le sue possibilità espressive al potere politico, sia esso totalitario o democratico televisivo.

da Italia, Italia, Il Labirinto, 2007

mercoledì 12 maggio 2010

Cartigli

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Secondo Valery, baldo calcolatore i cui calcoli hanno prodotto un’opera che dà per somma zero, «Il vantaggio dell’incomprensibile è che non perde mai la sua freschezza». In un senso comicamente alieno è vero: la freschezza delle frescacce è intramontabile perché ci sono sempre i fresconi che se le bevono – giacché, come è stato autorevolmente detto, gl’imbecilli sono conquistati dall’oscurità.

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Valery e Simenon: ipertrofie descrittive. Uno è perennemente occupato a esporre le escrezioni del suo cervello, l’altro dei suoi intestini. Sono opposti che s’incontrano nell’esagerazione noiosa e compiaciuta: di testa e di pancia.




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venerdì 23 aprile 2010

Cartigli

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Contempliamo l’ironico paradosso offerto dalle folle gregarie dell’oggi, sparse per chiese e musei, in coda davanti all’artista solitario e ribelle di cinque secoli fa: la felice sventura di Michelangelo Merisi da Caravaggio d’essere impopolare in vita e quella tristissima d’essere, nella sua morte secolare, sollevato ai triti trionfi di una moda.
E può accadere, nel bailamme di voci al seguito, in articoli e interviste, in questo caravanserraglio di vaniloquenti compiaciuti di sé, che qualcuno, imbevuto di odierne odiose banalità, accosti a Caravaggio nomi di musicanti: Lou Reed, Velvet Underground... A parte le imbarazzanti lontananze di campo e d’epoca; il primo, «maledetto» – logora coloritura giornalistica – poiché in lotta coi conformismi del suo tempo, come è del genio; gli altri, feticci di un maledettismo consumistico, conformisti facitori di prodotti derivativi e subito popolari. Che può mai avvicinarli se non l’impulso ebete, o il calcolo sciocco, frivolo e mercantile, di un lusingatore dei tempi?

da Italia, Italia, Il Labirinto, 2007

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martedì 13 aprile 2010

Cartigli

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Homo sapiens (sottospecie italicus hodiernus): «Di fronte alle sfide del nuovo millennio bisogna un attimino ottimizzare le sinergie, velocizzare il processo, rapportarsi con i poli di eccellenza e quant’altro, per essere competitivi e segnare una svolta epocale».

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L’ora legale: un’ora in più guadagnata alla causa della distruzione.

ora e nell’ora nostra letale
tutti alle tenebre giù a ruzzolare

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Tra quelli che smaniosamente appaiono e quelli che smaniano di apparire, si può stabilire, con una certa sicurezza, che il 90% degli italiani siano ormai degli OTM: Organismi Televisivamente Modificati.



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sabato 27 marzo 2010

Risalti

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Abbagliati dall’Impero o dal Mercato: oggi come settanta anni fa: una lunga assuefazione alle fantasmagorie. Mussolini preludeva l’incanto televisivo; era una televisione di paese, da guardare tutti assieme, in piazza: dal balcone-video teatralizzava, propagandava – pura propaganda su due gambe, irraggiava sugli eterni plaudenti di platea immagini incantatorie, li avvolgeva di euforie e trivialità filate dalla sua oratoria mandibolare.
Reciprocamente, la televisione è il Mussolini odierno – un simulacro, come l’altro, una mascherata d’imbonimenti per conto terzi; brulicante di conduttori, presentatori – la schiera pacchiana dei gerarchi, coi loro clienti... Un tritume verbale infrenato trabocca dal mussoliniano balcone dello schermo, e le menti italiane delle cucine e dei salotti, dei bar e dei ristoranti, degli uffici e dei negozi, degli ospizi, degli ospedali, degli alberghi, sono nutrite e formate da quel bolo.

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Molti qui vanno alle urne come se partecipassero a una lotteria del fornaio... Le votazioni sono dei riti di fortuna, vi presiede la cecità.
Del resto vi è una beffa originale in questo diritto obbligatorio che costringe tanti che non vorrebbero, e non sanno, scegliere, a scegliere su quello che non sanno e non vogliono sapere.

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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sabato 13 marzo 2010

Risalti

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L’ingovernabilità del paese: non è questa alla fine la vera espressione della volontà popolare? Tutti i voti degli italiani, astutamente divisi, sono perché nessuno li governi, perché trionfi allegramente la felice vocazione nazionale alla baruffa, all’abbuffo, alla baraonda; insomma, il piccolo cabotaggio dell’individualismo indisciplinato, in cui tutta la nazione si riconosce, su questo fondando la sua sola unità.

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Metà del cervello degli italiani è occupata dal cibo; l’altra metà è variamente tripartita tra moda, calcio e canzonette; con quello che gli resta si attaccano al telefonino.



Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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lunedì 8 marzo 2010

Risalti

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Il paese persegue il prodotto interno lordo. Il poeta segue il dolor interno prodotto. A ciascuno la sua mira e la sua rima. Ma: se l’economia ristagna, la poesia perde o guadagna? Se cresce il Prodotto Interno Lordo, cresce o cala il Dolor Interno Prodotto, (e il Dolor Esterno Prodotto, e il Dolor Universale Prodotto)?
Ecco quel che manca al ricco repertorio dei congressi: economisti e poeti a convegno per una analisi comparata del rapporto tra il PIL e il DIP, il DEP e il DUP.

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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giovedì 4 marzo 2010

Risalti

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Pizie pitocche, e alquanto pittime nelle loro enfasi sentimentali e sessuali, o battutisti da tavola riassumono in sé l’idea della poesia oggi in Italia, o piuttosto il comune senso del poetico che orienta appunto verso l’oracolare e lo spiritoso le pur tiepide platee della poesia. Non senza fascinazioni estere per poeti di levigata volgarità come Prévert, o di pacchiano folclore tardo surrealista come Neruda...
La lontananza dalla grande poesia: da Dante, Torquato, e pure da un irregolare talora sublime come Michelangelo, da Foscolo, Leopardi, Betocchi, dalla tradizione della poesia italiana, che è pensiero e canto, innervati nel tessuto vivo della nostra lingua, questa lontananza è totale, insanabile, come lo è quella dalla bellezza e dalla verità, dal riconoscimento del dolore e del male, trionfando la subornazione e la sottomissione al gusto delle cose spurie e effimere, mortali come la moda, e mediocri come il mercato comanda.

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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lunedì 1 marzo 2010

Cartigli

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«Quest’uomo è lo scrittore più venduto al mondo» recita la scritta sotto la fotografia di quell’uomo, schiaffata sulla copertina di un bollettino librario – e così festosamente svergognato, denunciato, inchiodato al suo misfatto, sbeffeggiato perfino: «ecce homo»... Il re dei giudei, il re degli scrittori che più si vendono al mondo – agnus mundi editorialis, portane i peccati... Chissà, forse colui aveva talento (misericors deus!), e l’ha venduto, si è venduto al mondo più di ogni altro – più basso è il prezzo più alto è il guadagno? – conquistando il ricco primato che lo mette al di sopra di tutti i suoi colleghi venduti; e in verità, gli si legge in faccia: gli occhi senza sguardo, le labbra tirate, consumate nel conteggio delle royalties...

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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sabato 27 febbraio 2010

Cartigli

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Gli italiani sono refrattari al bene comune. Per loro è meglio il bene personale, meglio ancora se comporta il male altrui. Così devono da sempre convivere con il male comune, che però, si consolano, è «mezzo gaudio».

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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giovedì 25 febbraio 2010

Cartigli

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Quanto più la politica si avvicina alla puttaneria, tanto più le puttane sono attirate dalla politica. Principio dei campi magnetici.
Non è dunque un caso che donne pubbliche guardino oggi con desiderio alle cariche pubbliche...
Tuttavia, possibile superiorità morale della puttana rispetto al politico: la puttana non fa promesse che sa di non poter mantenere.

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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martedì 23 febbraio 2010

Cartigli

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Quante parole per affermare il «fare»! Il fare fatto a parole...
Espressioni come «uomo del fare», «governo del fare», oltre che tritamente tronfie sono monche, scorciate, tacciono sul cosa e sul come. Il verbo ha bisogno di un complemento oggetto e di un avverbio. Fare-cosa? Fare leggi giuste, fare affari, fare puttanate? E fare-come? Fare bene, fare male, fare schifo? «Fare»: questa insegna vacua e minacciosa... Come se il fare, di per sé, fosse prova di virtù e garantisse il risultato. Il mondo è pieno di fatti compiuti da idioti e mascalzoni attivissimi.

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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lunedì 22 febbraio 2010

Trivia

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Vittorio Gratta e Graziano Vinci hanno costituito una società tra le più popolari in Italia, un’attività che spopola, che misteriosamente svuota le tasche degli italiani e incrementa il prodotto lordo senza rialzare i consumi: la nota impresa Gratta & Vinci.

domenica 21 febbraio 2010

Risalti

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L’Italia è sempre Sanremo. Sanremo è la sua empiria e la sua metafisica, il suo «correlativo oggettivo», la sua allegoria, la sua metafora... Tutto in Italia avviene su quel palco: un piccolo palco pretenzioso, loquace e canterino, gesticolante, ebete, ridarello e carognesco.
L’etica, la politica, l’arte – la vita stessa: sanremizzate, ridotte a canzonetta.*

Nota. I brani usciti sotto il titolo di "Risalti", sono tratti da: Gianfranco Palmery, Italia, Italia, Il Labirinto, Roma 2007; quelli usciti sotto il titolo di "Cartigli" sono inediti.

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venerdì 29 gennaio 2010

Tristia & Trivia

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Quella verità è solo mia? Questo non la fa meno vera. Quante volte
la verità di uno è stata l’unica verità di un’epoca perduta nell’errore?

Lucio Persio



Bisogna essere dei begli originali per negare che quanto accade nella veglia non ha maggiore consistenza e durata di ciò che si vive nei sogni notturni. Giorni e notti e tutto quello che hanno contenuto non esistono più. Dove sono i gesti, i pensieri, gli abbracci, le lacrime – dissolti insieme alle parole che li hanno accompagnati, e la memoria di essi è frammentaria e fuggevole come quella dei sogni. Ma non ci si può neppure riscaldare al focherello teatrale del principe Sigismondo: con quale autorità posso affermare che la vita è sogno, se mi muovo in questo sogno? No, non ho da rivendicare che un sentimento di evanescenza, anche questo evanescente. (5.V.04)

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La piega decadente. I «tragici» eroi popolari della consumazione sono anche dei comici travet della cumulazione; rappresentando la consumazione e la consunzione, chiudono con consuntivi da magnati; inscenando la decadenza vivono nell’opulenza – ed eccoli, questi maudits à la mode, flettere le rotule rock sulle tombe dei grandi poeti maledetti (Rimbaud tra i più visitati), loro, mediocri canzonettisti benedetti da fama e mammona. (22.XI.04)

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La fine non esiste, come non esiste l’inizio. La fine come compimento è una convenzione romanzesca. Tutto ciò di cui si dà una fine è finzione: finire è fingere. Nella vita le cose non finiscono, si interrompono, e le storie si interrompono come si interrompe la vita. (30.IV.06)

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Dai corsi di scrittura – o creative writing – così superstiziosamente diffusi in America, e in lesta penetrazione, purtroppo, anche da noi, è uscita e esce tanta roba fasulla, senza necessità, di confezione: opere computeristiche, bene organizzate, scritte bene, con quello sbaffo di esibita creatività, di novità seriale e tempestiva, da scaffale di supermarket dei tempi – come se questo bastasse, come se questi prodotti, del tutto omologhi alle merci industriali, avessero nulla a che vedere con quella cosa fatta di nervi e sangue, di necessità e sapienza, quella cosa bisognosa di silenzio e solitudine, che è la letteratura. (17.X.08)

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Niente invecchia più rapidamente della novità. Non è un’idea nuova – dunque durerà. (al 18.X.08)

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Un «cambiamento epocale», o una «svolta epocale», i «poli di eccellenza», le «sfide del nuovo millennio»... Epocale, eccellenza, sfide: le bocche d’epoca si riempiono di vento, già spifferano dal teschio, così provando che nessun cambiamento è possibile per una specie vanitosa e vana, soggetta alla moda e alla morte. (18.X.08)

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La produzione di promesse, pubbliche e private, è così fiorente e remunerativa che bisognerebbe quotarle in Borsa. Ma sarebbero quelle non mantenute a dare verve al mercato, inondandolo di derivati e titoli-spazzatura. (al 19.X.08)

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La poesia non si vende. Gran verità: tutto si vende, tutti si vendono, la poesia no; la poesia non si vende. Quindi la poesia non si compra, non si acquista: la poesia si conquista. Fare poesia e pubblicare poesia è una forma di resistenza, richiede un altro impegno e dà altri piaceri. Come ogni forma di resistenza o di reiezione ha per sorte le barricate o le catacombe. Oggi una lettura di poesia è una riunione di adepti, una liturgia funeraria segreta, con una promessa di vita eterna – ma l’eternità è qui, e questa... (7.XI.08)

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Un’Africa per arricchiti d’occidente, è lo sfondo, ecologismo coloniale, o set per jet-set, e sette femmine della specie come tante, inalberate in pose ridicole di driadi o insetti stecco, o fragili parassiti depositati su possenti dorsi d’elefanti... così fermate e riprodotte in croste patinate, per un’idea corrente e corriva di bellezza. Il trionfo dell’umano: kitsch post-industriale, ovvero le autocelebrazioni della volgarità: il calendario pirelli, A. D. MMIX. (22.XI.08)

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Contro Valery. «Tutti i giudizi sugli uomini o sulle opere, che siano lodi o biasimi, sono giudizi da portinaie: giudizi di cervelli che stanno sulla soglia delle cose» (Cattivi pensieri, p. 131). Di questo giudizio al buio che si può dire? Si include? Certo che si include, al solito escludendosi: la sentenza rotola giù dal Sinai.

«Il microscopio rende irriconoscibile la cosa che mettiamo sul suo portaoggetti». Avere preso questa irriconoscibilità per profondità di conoscenza è l’ironica condanna di un pensiero che, asservito alla tirannia della scienza, non è altro, come in tutti gli asservimenti, che coazione e arroganza.

Valery non pensa diversamente dagli altri, pretesa in prestito dal Père Hardouin; pensa come e quel che gli altri penserebbero se pensassero. I suoi «cattivi pensieri» sono i pensieri dati o in sospeso di tutti – i loro «peggiori» pensieri –, e il metodo, e la giustificazione del metodo, non ne redimono la supponente ovvietà.

Mauvaises Pensées? Piuttosto rimuginazioni di un discolo compiaciuto delle sue bricconate del tutto innocue e in fondo bene accolte in famiglia...
Valery cerca il paradiso del pensiero nel confortevole (e inconsapevole) infernuccio dei suoi Cahiers...
Dell’inferno vero, questo agiato funzionario dello sfizio filosofico, non ci dà alcuna notizia.
Mauvais poète, mauvais penseur.

Ciò che pensiamo, ciò che enunciamo, prende da noi, inclina: brutte pieghe e virtù. Valery ha invece l’aria di credere nella objectivité delle sue formulazioni, poiché le considera poste in un preventivo riparo dall’io – un preambolo dell’io – che in lui tanto più esiste quanto è presunto neutralizzato... Il supposto non-ancora-io delle cinque del mattino, l’ora dei suoi annosi esercizi mentali... Perciò quelle formulazioni risultano così irritanti o deludenti o involontariamente comiche. Pur dandosi arie di altero e irridente indagatore dell’organico e del transitorio, egli si mostra come immune dalle sue scoperte, o alle strette strizza l’occhio e via, imperterrito.
Per esempio, stigmatizza la volgarità, ma la pratica volentieri – c’è in lui una ricorrente volgarità boulevardière, divertita e ammiccante, che è sua, è autentica, gli esce fuori, e la usa per dire che non sta sempre al miscroscopio. (14.XII.08 – 11.II.09)

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I grandi poeti sono come i gabbiani: attingono alle immondizie del mondo, si calano nel cuore livido delle cose, se ne nutrono e le trasformano in volo, nel loro alto aleggiare nell’aria e lento planare sulla terra.
I piccoli poeti invece razzolano, becchettano materiali di cortile – possono al più imbattersi in cicche e chewing-gum: tutto lì il loro brivido – per il resto, minime granaglie di casa... E il loro minimalismo di testa avvince le teste minime del tempo. (24.I.09)

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Sonetto a coda
d’asino

Tutto sfavilla e straluccica agli occhi
di chi vive al Paese dei Balocchi
e sembra oro, ma quando lo tocchi
stringi un pugno di mosche e tu che abbocchi
ti prepari allo scortico e agli scrocchi
mentre mandi richiami agli altri allocchi
che sono i più, così che non ha sbocchi
la storia dei lucignoli e pinocchi
malcresciuti con i loro barocchi
smisurati appetiti di baiocchi
di beni e cibi incartati coi fiocchi
luccicanti: oh incanti degli sciocchi!
tutti in riga coi loro paraocchi
carovane di asini e marmocchi

in festa e sordi ai funebri rintocchi...
(4.II.09)

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La forma più ingenua e nefasta di narcisismo in arte è l’amore di sé fino a morirne – ovvero: «Qualis artifex pereo!». Varietà neroniana.

La forma più ironica e onirica di narcisismo in arte è il narcisismo funebre: l’amore di sé esibito e disfatto, sull’orlo della tomba. Varietà donniana.

La forma più estrema e subdola di narcisismo in arte è la negazione di sé. Narciso che per raggiungersi si cancella. Varietà mallarmeana.

La forma più modesta e molesta di narcisismo in arte è quella di chi appena allunga la mano sull’acqua e fa qualche schizzo e increspatura. Varietà minimalista. (17.II.09)

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La gloria ferita. «Se dovessi morire – mi sono detto – non avrei lasciato nessuna opera immortale dietro di me. [...] se avessi avuto tempo avrei fatto in modo d’essere ricordato». Così scriveva Keats a Fanny Brawne nel 1819, l’anno in cui aveva composto le grandi odi, temendo di non meritare memoria e immortalità.
Eppure, un anno prima, fresca la ferita delle stroncature a Endymion, aveva affermato in una lettera al fratello George: «Penso che sarò tra i poeti inglesi dopo la mia morte».
Disperare e sapere: vuol dire conoscere la disparità tra il proprio giudizio (il risultato rispetto all’attesa, all’ambizione) e quello di chi legge (solo il risultato – in sé ammirevole) e vedere anche il risultato in sé ammirevole.
Ma il poeta può vivere in un perenne allarme e stremante altalenare dell’opinione di sé spartita tra umore e giudizio che si alternano in turni di guardia o si guardano in cagnesco. Poiché il silenzio e i veleni del mondo corrompono l’umore e possono arrivare a alterare il giudizio, fino a fargli dettare la buia epigrafe della sconfitta e del fallimento: «Qui giace uno il cui nome è scritto nell’acqua».
Quella fragile stele al Campo Cestio è un monumento anacronistico quanto vanamente ammonitorio alla Gloria Ferita. (14-15.III.09)

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Quando sentite qualcuno dire: «Non voglio demonizzare...» questo o quello, siate pur certi che qualche commercio con il demonio ce l’ha di sicuro, se non con quello che non vuole demonizzare, con qualcun altro che lo ha indemoniato. Insomma, è uno che capisce, è comprensivo, perché è della famiglia.



Tristia & Trivia è uscito sulla rivista «Pagine», XIX, 58, aprile-luglio 2009