venerdì 21 maggio 2010

Risalti

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C’è una indifferenza specifica di tutti i prodotti artistici umani – e in generale di tutti i prodotti umani e delle umane azioni: coltivare, edificare, uccidere, navigare... Questa indifferenza, o parità, deriva dalla loro cosmica, e comica, insignificanza. Un Lied di Schubert o una canzone di Paolo Conte, il Cantico delle creature o La vispa Teresa, i Capricci di Goya o i fumetti di Corto Maltese, Dostoevskij e Camilleri, Mozart e Berio, Gesualdo e Cage, Leopardi e Balestrini, hanno nell’universo mondo, stellare e planetario, un medesimo rilievo, ovvero sono tutti parimenti irrilevanti. Questa è una indubitabile verità ontologica.
Ma riportando il tutto in una prospettiva terrestre, ai nostri sensi di inquieti effimeri esigenti, quella parità, seppure può essere una piccola verità semiologica, è senz’altro un’enorme menzogna estetica.
In arte esistono livelli di valore e livelli di piacere che possono essere fittiziamente abbassati o elevati, con inganno e per politica violenza, come viene fatto con l’atrazina nell’acqua o le polveri sottili nell’aria... Questo vuol dire che, eliminate subdolamente, cioè fingendo di pregiarle e sostenerle, le arti classiche – musica, pittura, poesia – e dando spazio a oggetti spuri, a suoni e versi derivativi, si è spostato al basso il grado del piacere estetico e si è con fraudolenza innalzato il valore dei succedanei. Con l’effetto di alterare l’intero terreno culturale e l’apparato percettivo collettivo e individuale – come accade quando una nazione vede asservite le sue possibilità espressive al potere politico, sia esso totalitario o democratico televisivo.

da Italia, Italia, Il Labirinto, 2007

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