lunedì 7 gennaio 2013

Il poeta in 100 pezzi: 44


  L’oscurantismo della luce

«L’equivalenza che tentavo di stabilire tra poesia e verità non si accordava con il rapporto reciproco in cui si trovano l’una in quanto arte, l’altra in quanto realtà... Ma tutto quello che potevo conseguire in questa direzione veniva sempre risucchiato entro la spirale dell’artificio poetico, con le sue imperiose esigenze di disegno ritmico e di elaborata eufonia, che impongono di distorcere le proprietà naturali delle parole e del tono...». Laura Riding (1962).

Niente è più ingannevole di questa settaria idea della verità che esclude e rigetta da sé quel che suppone menzogna – e che, in poesia, chiama artificio; come se nella realtà non vi fosse arte, artificio, e nell’artificio della poesia, realtà.
Tutto è forma nell’universo, e dunque tutto è artificio. La realtà si impone agli umani attraverso l’artificio: il desiderio – o l’amore – non è l’artificio della generazione? Ed è forse meno reale della reale copula riproduttiva?
Ogni linguaggio ha il suo artificio: i linguaggi quotidiani come quelli dell’arte, come lo stesso linguaggio della verità – e se è per questo: cosa c’è di più lontano dalle «proprietà naturali delle parole» del rigido o prensile artificio dei linguaggi filosofici?
Dove sono infine codeste proprietà naturali? Non vi è parola pronunciata che non ricada sotto le esigenze imperiose di un qualche artificio espressivo.
Solo un’ingenua ossessione razionalistica (che è, dopo il dilemma etico, l’altra forma – ennesimo inganno d’epoca – in cui nell’artista conflagra la refrattarietà profonda, che porta occultamente in sé, della cultura borghese all’arte) può dare il bando alla poesia in nome della chiarezza, poiché «in definitiva la poesia non riesce a chiarire niente, a cambiare niente». (Riding).
E perché mai la poesia dovrebbe chiarire o cambiare alcunché? (E vi sarebbe poi – salvi dalla poesia – uno «stile della verità», che potrebbe chiarire o cambiare qualcosa, in questo regno delle apparenze?).
Chiarire – cioè, eliminare l’oscuro, l’ombra: questo è l’oscurantismo della luce: l’accecamento cui la ragione ironicamente condanna chi le si fa irrazionalmente devoto. (13.IX.87)

Da Il poeta in 100 pezzi Edizioni Il Labirinto, Roma, 2004


Nessun commento: