giovedì 27 maggio 2010

Risalti

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Il vero eroe del nostro tempo – l’unico, ultimo e possibile mito individuale, in cui natura e cultura coincidono – è il Killer, il Serial Killer. È questo l’infimo prometeo che ci spetta – colui che porta come fuoco la verità nel gregge umano, non rapendola al cielo bensì all’inferno, alle viscere fonde infere che racchiudono verità brucianti...
In questa planetarietà d’io a miliardi e dio unico l’Utile, con la risibile terribilità di un’economia d’extrasistole – ripresa-crisi-ripresa-crisi, ecc. – espressa nei viavai isterici, da pronto soccorso, della Borsa (le grida!), la fanfaluca nefanda del Progresso, la cui metafora perfetta è la frenesia immobile e pestifera del traffico... il Serial Killer è l’unico che interpreta e trae giuste conclusioni dalla trivialità delle statistiche: i morti tra le lamiere, tra le mura degli ospedali, nei deserti della fame, sotto le bombe intelligenti delle tribù progredite della terra... queste legioni di zeri, di azzerati, lo autorizzano e lo legittimano.
La vita dei bipedi parlanti che pestano il suolo non è sacra – chi lo sostiene mente come un pubblicitario –: la loro vita vale quanto quella delle formiche che i medesimi schiacciano con sovrana indifferenza su prati e marciapiedi, e il Serial Killer lo rivela, o semplicemente lo afferma, compiendo il solo gesto umano e vero di una specie ridotta a cieca congerie. Egli è l’equivalente della montagna assassina, del fiume traditore – secondo le ridicole stereotipie di cervelli puerili –: come quelle sono le forze di una natura violata che dirompe, così il Serial Killer è la forza di una cultura dissestata che esplode.

da Morsi di morte e altre tanatologie, Il Labirinto, 2010

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