Divagazione su un titolo. Si capisce che dietro l’opera, dietro ogni opera c’è un uomo – che altro può esserci quaggiù? Ma farne una retorica: Vita d’un uomo, ecc. Sarà anche vero che a Ungaretti quel titolo è servito a umanizzare un’opera fondata sull’ideologia della «poesia pura», canonizzata, o estremizzata, da Mallarmé, che pensava appunto all’Opera – l’opera senza autore –, voleva, borghesemente, cancellare le tracce, le imbarazzanti tracce dell’umano... Però questa ostentazione finale, questa insegna levata come a cercare consenso o assoluzione... Non so, ma quando la parola «uomo» è portata dall’accidentale all’esemplare è come se il compiacimento si elevasse al cubo, da individuale a specistico: il richiamo del letterato all’umanità – che vada verso l’alto o verso il basso, verso l’umiltà o verso l’orgoglio – ha sempre qualcosa di irritantemente retorico – suona come l’astuzia del venditore che per catturare il cliente gli si mostra suo uguale (e di fatto lo è: sul piano del banale possono intendersi benissimo; quel che il venditore tocca per astuzia, non è che il fondo della specie... La sua menzogna è una paradossale ovvietà di rapace, e sancisce la comune appartenenza del raggiratore e del raggirato... ecc.) – e allo stesso tempo fa qualcosa che un poeta non dovrebbe mai fare: dare un crisma alla commozione su di sé della specie. (al 21.IX.97)
Da Il poeta in 100 pezzi Edizioni Il Labirinto, Roma, 2004
lunedì 1 luglio 2013
Extra Strong VII: Divagazione su un titolo
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