martedì 13 ottobre 2009

Intermezzo. Tre poesie di Poe

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Sonetto – Alla Scienza

Tu sei la vera figlia, Scienza, del decrepito
Tempo, col tuo sguardo che fruga e àltera
tutto. Perché al cuore del poeta ti avventi,
avvoltoio che ha per ali realtà usuali?
Come può amarti o pensare saggia
se hai voluto vietargli di vagare
ricercando tesori nel gemmato cielo,
lui che levava in volo impavide ali?
Non hai tirato Diana giù dal suo carro?
E messa l’amadriade dal bosco
in fuga verso una stella più felice?
Non hai strappato la naiade alle fonti,
l’elfo ai suoi prati e a me il sogno
d’estate all’ombra del tamarindo?


Romanza

La romanza che ama il sonno e il canto,
l’ala raccolta, il capo sonnolento,
nel verde tra le foglie mentre tremano
laggiù nell’ombra fonda d’un lago,
è stata un variopinto pappagallo
per me – un uccello molto familiare –
da lei il mio alfabeto, a balbettare
la mia prima parola ho imparato,
nel bosco solitario rincantucciato,
bambino dall’occhio intento.

Eterni anni di Condor hanno da tempo
fatto così tremare il Cielo stesso
lassù tonando tumultuosi al passaggio,
che ormai mi vieto ogni cura vana
perso a scrutare l’orizzonte inquieto.
E quando un’ora di più calma ala
copre il mio spirito con le sue piume –
che quel solo momento in lira e rime
possa passare, un delitto il cuore
lo sentirebbe – cose proibite!
se non vibrasse insieme a quelle corde.


Imitazione

Orgoglio senza fondo: un mare
oscuro mai sondato – un mistero,
un sogno: così appare
la mia vita iniziale – è vero,
quel sogno era pieno di insonni
sfrenati pensieri d’altri esseri
già vissuti, non visti, invisibili
allo spirito – lasciati li avessi
passare con occhio sognante!
Nessuno in terra erediti
la mia visione; con quei pensieri
come in un sortilegio terrei
la sua anima: poiché quella fulgente
speranza, quell’età
luminosa sono spente
e la mia pace al mondo è persa
passata via con un sospiro: ma
non importa, e tuttavia la perdo
con un pensiero un tempo prediletto.


Questi versi di Edgar Allan Poe, nella traduzione di Gianfranco Palmery, sono usciti nella rivista «Pagine», IX, 22, gennaio-aprile 1998.

1 commento:

alessandro ha detto...

Ho letto nel tuo blog, non posso dire niente, rimango in silenzio ("applaudiamo forse al tramonto o al nascer del giorno?" Debussy)... Le traduzioni da Poe sono bellissime, Poe- Palmery non è affatto un binomio ma una Funzione; cito da "Imitazione": "Nessuno in terra erediti / la mia visione; con quei pensieri / come in un sortilegio terrei / la sua anima": l'assonanza tra "terra" e "terrei" non è solo musicale in un senso (da "terra" a "terrei") ma anche, e con forza equivalente, nel senso opposto (da "terrei" a "terra"): questo è per me un tocco di genio, il climax raggiunto attraverso un solo accordo dissonante, perché reversibile, da un sostantivo e un verbo (in gergo musicale il "rivolto"... ma di nessuno accordo; in scultura: la plasticità orrifica di un Laocoonte), più un invito, una tentazione che una reale minaccia!
La "Romanza" è molto bella anche, la prima parte "impressionista", la seconda che ne è il calco (lo sviluppo come in foto, dal negativo)...

Alessandro Contadini